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Il fallimento della COP25

Le notizie che giungono da Madrid in merito al sostanziale fallimento della COP25 sul clima delle Nazioni Unite non possono che lasciare profondamente amareggiati coloro che, per l’ennesima volta, avevano creduto che i fatti presentati e gli allarmi sempre più pressanti lanciati dalla comunità scientifica globale su andamento e conseguenze della crisi climatica avrebbero avuto la meglio sugli interessi economici delle lobby e sugli interessi elettorali dei singoli governi.

Il fallimento della conferenza nel trovare un accordo sulla regolamentazione del mercato del carbonio, in applicazione del punto 6 dell’accordo di Parigi firmato dagli stessi Paesi appena quattro anni fa, è sintomatico di come le economie dei Paesi più inquinanti siano totalmente insensibili alle richieste urlate, prima dagli scienziati, oggi anche dalle piazze di tutto il mondo.

L’innalzamento del livello del mare e la moltiplicazione già in atto di fenomeni estremi come afa, siccità e inondazioni che, al ritmo attuale delle emissioni, saranno causate dall’aumento della temperatura globale fra i 4 e i 5 gradi entro la fine del secolo, colpiranno in maniera critica la biodiversità degli ecosistemi di tutto il mondo, e metteranno in serio pericolo di vita miliardi di persone già in difficoltà economica.

In maniera minore saranno colpite le lobby del carbonio e i loro accoliti, che con le enormi risorse finanziarie che gestiscono – e che vogliono continuare a gestire – saranno capaci di adattarsi meglio ai cambiamenti.

Questo spiega, almeno in parte, le enormi resistenze al cambiamento che stanno bloccando, o perlomeno rallentando in maniera critica, una transizione verso un’economia sostenibile che non può essere fermata per garantire la sopravvivenza dell’intera umanità.

La Repubblica di San Marino si deve e si dovrà sempre di più schierare, nei consessi internazionali, a fianco dei Paesi e dei popoli più vulnerabili al cambiamento climatico, alzando la voce contro le grandi potenze inquinanti che si stanno rendendo complici di questo blocco. Non solo per questioni opportunistiche dato che la penisola italiana, il contesto geografico in cui siamo collocati, è una delle aree più a rischio d’Europa, già investita da un aumento esponenziale di fenomeni estremi negli ultimi anni, o per il rischio di venire investiti da ondate migratorie senza precedenti, ma perché è giusto che la Repubblica più antica del mondo lotti per tutelare il diritto alla vita delle nuove generazioni, e di chi si troverà a breve senza una casa abitabile.