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Patrimoniale: il governo esclude le banche

L’imposta patrimoniale ha toccato solo in parte le società di capitali, in particolare quelle che svolgono attività immobiliare, in quanto il loro patrimonio è sfuggito alla tassa che invece tutti i cittadini hanno già pagato.

Per una questione di equità nella precedente legislatura la Segreteria alle Finanze ha emanato un decreto che ha esteso gli effetti della patrimoniale a tutte le società di capitali, intendendo ovviamente che tale trattamento venisse esteso a tutte le società compresi gli istituti di credito, anche se a queste era stata riconosciuta la possibilità di pagare la tassa anche attraverso il credito di imposta per coloro che lo hanno maturato nei confronti dello Stato. Senza una motivazione specifica, se non quella che il prezzo degli immobili posseduti dalle banche sarebbe lievitato, il Governo ha deciso di escludere completamente dal pagamento dell’imposta gli istituti di credito che siano entrati in possesso di immobili per recupero crediti.

Un privilegio riconosciuto alle banche che non ha giustificazione in quanto anche i cittadini o le altre imprese, pagando l’imposta, subiscono un maggiore costo che incide ovviamente sul valore di quanto possiedono.

Del resto se il mercato immobiliare ancora non mostra segni di ripresa, al di là della crisi e della scarsa fiducia dei cittadini verso il futuro, dipende anche dai prezzi degli immobili che i soggetti bancari non sono disposti a rendere più in linea con il mercato. Stupisce che partiti che sempre hanno contestato, anche in maniera accesa, gli aiuti dati al sistema bancario, siano questa volta d’accordo nell’elargire questo vero e proprio “regalo”.

Libera si è ovviamente opposta a questo emendamento perché crede che l’intervento, che si era reso necessario per ristabilire equità nell’applicazione dell’imposta, dovesse riguardare tutti i soggetti, senza privilegiare nessuno.