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aprile. Esattamente a un mese e
due giorni di distanza dall’Equinozio di Primavera ogni anno, dal 1970, l’ONU
celebra in tutto il mondo la GIORNATA DELLA TERRA.
La
Giornata della Terra ha dato una spinta determinante alle iniziative ambientali
in tutto il mondo, a partire dal Vertice delle Nazioni Unite del 1992 a Rio de
Janeiro, fino ad arrivare alla “Green Generation” e ai 17 Goals dello Sviluppo
Sostenibile che compongono l’Agenda 2030. Lo ha fatto guardando ad un futuro
libero dall’energia da combustibili fossili in favore di fonti rinnovabili,
alla responsabilizzazione individuale verso un consumo sostenibile, allo
sviluppo di una green economy e a un sistema educativo ispirato alle tematiche
ambientali.
A
distanza di 50 anni dalla prima Giornata della Terra, quest’anno ci troviamo in
una situazione nuova e difficilissima, alle prese con una pandemia che,
nonostante le previsioni degli scienziati, ha colto tutti gli Stati
sostanzialmente impreparati.
In
una recente intervista sul riscaldamento globale ai tempi del coronavirus, l’ex
presidente uruguaiano Pepe Mujica ha risposto: “Non è un problema
ecologico ma politico. Mai l’uomo ha avuto così tante risorse,
capacità o capitale per fermarlo. Stiamo andando a un “olocausto ecologico” e
stanno preparando una padella gigantesca per friggerci”. Lo stesso Mujica
ha poi lanciato un appello, affermando che dobbiamo combattere l’egoismo che ci
portiamo dentro per superare il coronavirus, dobbiamo diventare socialmente
uniti gli uni agli altri. Continuare ad accumulare ricchezza non darà
l’eternità a nessuno.
L’epidemia
che stiamo vivendo non è frutto del caso, è figlia di una serie di fattori che
l’umanità più consapevole e preparata denuncia da tempo. La distruzione degli
ecosistemi naturali, l’estinzione di massa di decine di migliaia di specie, la
crescita esponenziale e incontrollata della popolazione, il sovraffollamento
nelle megalopoli, la deforestazione per far spazio alle monocolture. Alleviamo
decine di miliardi di bovini, suini, ovini, polli, riempiendoli di antibiotici
e cibo spazzatura, per portarli in tempo record ai mattatoi e nei nostri
piatti.
Tutto
questo avviene perché una parte della specie umana possa continuare ad
accumulare profitti e potere. Questo sistema
permette che il 10% della popolazione mondiale consumi da solo il 90% dei beni
prodotti dal mercato, determinando
la gravissima crisi ambientale che già oggi uccide otto milioni di persone
all’anno e spinge milioni di persone, che nel giro di pochi anni diventeranno
decine e poi centinaia di milioni, ad emigrare per sopravvivere.
Nonostante
i segnali che il pianeta ci mandava in modo forte e chiaro, anche attraverso i
cambiamenti climatici, siamo andati avanti con una indifferenza globalizzata, “pensando
– come ha detto Papa Francesco – di rimanere sani in un mondo malato.”
Questo
virus che ci ha rinchiuso nelle nostre case per settimane, che sta uccidendo i
nonni, la parte più fragile e preziosa della nostra collettività, che sta
mietendo vittime fra i medici e il personale sanitario, in trincea spesso senza
elmetto, sta cambiando il nostro modo di stare insieme e ci costringe, nostro
malgrado, a riflettere seriamente sui nostri stili di vita. Ripeterci che #andratuttobene può essere importante per rassicurarci e non
farci andare nel panico, ma per far sì che davvero vada tutto bene non basta,
dobbiamo cambiare!
I
giovani del movimento “Friday for future” cantano una canzone per il clima “Do
it now” sulle note di “Bella ciao”:
“Dobbiamo svegliarci, dobbiamo aprire gli occhi,
dobbiamo farlo ora. Dobbiamo costruire un futuro migliore, e dobbiamo iniziare
ora”.
Noi crediamo che San Marino, un Paese piccolo che aveva
bisogno di impostare le basi di un nuovo sviluppo, di nuovi paradigmi, da ben
prima dell’arrivo del Covid-19, possa e debba farsi interprete e portavoce di
queste istanze di cambiamento, sia in patria che nelle sedi internazionali in
cui partecipa.
Possiamo farlo, e dobbiamo farlo insieme.